La fragranza del pane, l’amore per Senigallia e la voglia di guardare dentro di sé e scoprire il proprio destino. Pandefrà è tutto questo e molto di più. Il pane prodotto da Francesca Casci Ceccacci ha qualcosa di magico. Ci riporta alla tradizione di una terra in cui il cibo è sacro, le materie prime sono straordinarie e l’atmosfera è unica.
In tanti si sono accorti di Francesca e del valore del suo pane, dal Gambero Rosso a Uliassi, sino a Bruna Bistrò. Con Pandefrà il ristorante condivide moltissimo: l’amore per Senigallia, una storia di famiglia e il desiderio di trasferire agli altri la meraviglia di materie prime ineguagliabili.
La collaborazione dunque è stata qualcosa di naturale. Sono due le tipologie di pane che si possono trovare da Bruna Bistrò e che arrivano dal laboratorio di Pandefrà, abbinandosi alla perfezione ai piatti di chef Michael Baccani. Siamo andati a scoprire questa realtà straordinaria per conoscerne la storia e i valori.
Per raccontare Pandefrà dobbiamo partire prima di tutto da Francesca, la mente, ma soprattutto il cuore, dietro questa attività. Una laurea in giurisprudenza che l’ha portata lontano da Senigallia, un’anima divisa in due – fra dovere e passione – che ha saputo trovare il suo sogno e inseguirlo. Francesca, dopo un master e il lavoro in una multinazionale, è tornata a casa, dando forma a qualcosa di straordinario.
Francesca, raccontaci un po’ di te, come sei passata dagli studi di giurisprudenza al pane?
Ho studiato Giurisprudenza a Bologna, seguendo le aspirazioni della mia famiglia, ma il mio animo è sempre stato diviso in due parti: quella del dovere – con le aspettative dei genitori – e quella delle mie radici. Sono nata e cresciuta nella cucina di mia nonna e il gesto dell’impastare è come se mi fosse entrato dentro, lasciando un’impronta. Non l’avevo compreso all’inizio, ma con il tempo quello che era in me è uscito fuori, diventando sempre più forte.
A 19 anni sono andata via dalla provincia per studiare all’Università, ma non ho mai abbandonato la passione per il cibo. Ho continuato a cucinare, nel tempo libero, per la famiglia e gli amici, ma mi sentivo sempre divisa in due. Alla fine del percorso di studi ho cercato un lavoro che mi portasse ad essere in relazione con il cibo. Ho conseguito un master in responsabilità e controllo nell’industria alimentare a Torino e sono stata assunta in una multinazionale che si occupava di pasti nelle scuole.
Il tuo destino sembrava scritto dunque, poi cosa è accaduto?
Un giorno che ero tornata a casa un amico di famiglia che coltivava il grano mi ha raccontato che aveva iniziato a fare il pane con un mulino a pietra. Mi ha proposto, quasi per gioco, di occuparmi della produzione del pane e io non ci ho pensato due volte. Ho lasciato il lavoro nella multinazionale e mi sono tuffata dal mondo dei lievitati. Era qualcosa che non conoscevo, ma che ho imparato ad amare e scoprire. Ho toccato con mano la materia prima e ho scoperto il potere del pane.
In quel momento hai capito cosa rappresentava per te?
Il pane è uno strumento con cui si genera un valore, sia per le persone che per l’ambiente. Va rispettato e compreso: va accettato che oggi può essere in un modo e domani in un altro. Ma soprattutto è qualcosa attraverso cui raccontare il territorio ed esprimere il suo potenziale.
A Senigallia è presente una cultura del buon pane?
Senigallia viene spesso vista come una città di mare, ma ha anche le colline a pochissima distanza. La tradizione della campagna dunque è molto forte. Proprio per questo nel mio progetto sono partita dal filone marchigiano, un pane tipico di queste terre. Mi sono accorta che si era un po’ persa la cultura legata a questo prodotto e ho deciso di raccontare e comunicare quello che rappresentava, creando qualcosa che rendesse onore a Senigallia.
Ma torniamo a Pandefrà, come è nato il progetto?
Avevo un’idea di pane ben precisa e di voler trasferire questa cosa ad altri. Così nel 2018 ho deciso di aprire il mio laboratorio di panificazione.
Per realizzare tutto questo sei tornata a Senigallia, come mai?
Il legame con il territorio è stato per me una sorpresa. Non credevo che mi avrebbe dato così tanto, consentendomi di realizzare i miei sogni. Sono andata via a 19 anni, convinta che la provincia mi stesse stretta e sono tornata per scoprire che era quello che mi serviva. Senigallia è magica: in nessun altro posto del mondo avrei potuto fare tutto questo. L’amore per il cibo è una caratteristica di questa città in cui la valorizzazione del territorio è massima. Oggi lavoro con ristoratori che hanno un legame con questo angolo di Marche, proprio come me, menti eccezionali con cui è stimolante lavorare.
Quand’è che hai capito che ce l’avevi fatta?
La ristorazione senigalliese è stato un endorsement per Pandefrà. Poi c’è stato Uliassi (ristorante tre Stelle Michelin con il ristorante omonimo di Mauro Uliassi). Per me era già straordinario collaborare con lui, ma quando ha iniziato a parlare del mio pane tutto è cambiato e in tanti si sono accorti di Pandefrà.
Fra le tue collaborazioni c’è quella con Bruna Bistrò, ristorante dello chef Michael Baccani.
Quando mi hanno contattato non ci ho pensato due volte e ho detto subito sì. Il Bruna Bistrò rappresenta tutto ciò in cui credo: un ristorante giovane con la voglia di valorizzare il territorio, materie prime di alta qualità e artigianalità. Come me il gruppo di Bruna Bistrò vuole dare valore al futuro e diffondere l’idea di cercare ciò che desideri guardando dentro di te.
Cosa vuoi raccontare con il tuo pane?
Per me il pane è un modo per condividere dei valori. Per questo ho creato anche il progetto dei Panificatori agricoli urbani che riunisce una cinquantina di panifici in tutta Italia con gli stessi valori e l’idea di cambiamenti necessari da realizzare con il pane. Si tratta di una condivisione vera che parte dalla convinzione che condividendo possiamo fare qualcosa, dando concretezza a questi valori.
E il pane che produci per Bruna Bistrò?
Sono due tipi di pane. Il primo 100% semola di grano duro proveniente da un mulino dell’ascolano. Un prodotto biologico e marchigiano. Il pane è di un chilo. Scegliamo di creare grandi formati per rispettare la lievitazione, il processo infatti avviene meglio in questo modo e la qualità superiore. Questa scelta viene fatta anche per evitare sprechi e diminuire l’impatto ambientale. Il secondo pane è caratteristico e profumato, con una farina di cereali di Ascoli Piceno. Un prodotto gustoso e profumato.
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